Ausgabe

Brückenfest

No. 12 | 2012/1

«Obacht Kultur» No. 12, 2012/1 lässt an einer Wanderung zu Brücken teilhaben und über metaphorische Brücken nachdenken. Mit Florian Graf (Auftritt), Caro Niederer, Roman Signer, Anna Ruchat, Michael Guggenheimer. Jahresberichte Amt für Kultur und Staatsarchiv. 

PDF (ohne Auftritt in der Heftmitte)
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«Obacht Kultur» N° 12, 2012/1 handelt von Brücken – im physischen und metaphorischen Sinn. Der Bericht einer Brückenwanderung in winterlicher Kälte öffnet den Blick für das besondere Handwerk des Brückenbaus. Die Beiträge von Hermann Blumer, Michael Guggenheimer, Anna Ruchat, Caro Niederer, Roman Signer sowie die Gedächtnistexte schärfen die Aufmerksamkeit auf verschiedenste Formen der Vermittlung, von Übergängen und Verbindungen. Im Auftritt erweitert Florian Graf die Wahrnehmung und spielt mit der bildlichen Vorstellungskraft, im Kopf Brücken zu bauen. Wie immer beinhaltet die Frühjahrsnummer die Jahresberichte des Amts für Kultur und des Staatarchivs. Darüber hinaus geht auf diese Ausgabe hin das Kulturblatt online und erweitert mit der Webversion die Möglichkeiten der Beiträge für Töne, bewegte Bilder, ergänzende Texte sowie für den Dialog mit den Leserinnen und Lesern.

Web-Mehrwert

Ergänzende Inhalte zu
der gedruckten Ausgabe
Auftritt

«Exist»

Florian Graf, 2011/2012
floriangraf.ch

Siebdruck auf Karton, 265 × 110mm

Text

«Als Rotkreuz-Kind in Stein»

Tom Hachmann, März 2012

Der Text entstand bei den Recherchen zur Brückenfotografie, die im Heft auf S. 18 abgebildet ist.

Nach Kriegsende herrschten in Deutschland Hungersnot, Wohnungsnot und Mangel an Heizmaterial (Kohle etc). Das Schweizerische Rote Kreuz organisierte eine Kinderhilfe vom Herbst 1945 an bis 1948. Es wurden Kinder für einen 4-monatigen Erholungsaufenthalt an schweizerische Privatfamilien vermittelt.

Ich hatte das Glück, an diesem Programm teilnehmen zu dürfen, weil ich damals als 9-jähriger in der 4. Grundschulklasse bei einer schulärztlichen Untersuchung wegen Unterernährung zusammen mit einem weiteren Schulkameraden (er kam in den Kanton Bern) herausselektiert wurde.

Wir wurden zusammen mit vielen Hamburger Kindern Ende Oktober/Anfang November 1946 mit einem Sonderzug der SBB von Hamburg nach Basel gefahren und dort im Krankenhaus noch einmal einer gesundheitlichen Untersuchung unterzogen. Dann ging es weiter nach Zürich, wo die Verteilung auf die einzelnen Kantone erfolgte. Die Kinder mit dem Ziel Ostschweiz fuhren mit dem Zug Richtung St.Gallen weiter. In Gossau stiegen die Kinder mit Ziel Appenzell Ausserrhoden und Appenzell Innerrhoden in die Appenzeller Bahn um.
In Herisau hiess es für die Kinder mit Ziel Appenzell Ausserrhoden austeigen. Wir wurden auf dem Perron von den gastgebenden Eltern empfangen. Ich wurde von dem damaligen Kantonsrat für die Justiz und späteren Landammann  Hermann Kündig aus Stein/AR ausgewählt und kam in seine Familie, ein Umstand, der – wie ich später erfuhr – nicht dem Zufall zu verdanken war, sondern der Tatsache, dass eine Freundin seiner Frau als Rotkreuz-Schwester auf dem Zug mitgefahren war. Sie sollte einen „netten Jungen“ aussuchen.

Auf der Fahrt mit dem Auto nach Stein ins Hagtobel nahm Herr Kündig noch zwei weitere Jungen mit, die in Hundwil auf einen Bauernhof kamen. An der Tobelbrücke zwischen Waldstatt und Hundwil liess er uns aussteigen, um ein Photo zu machen. Daher rühren diese beiden Photos.

Gegen eine Verwendung derselben zu künstlerischen, schriftstellerischen oder journalistischen Zwecken erhebe ich keine Einwände.

Hamburg, im März 2012
Tom Hachmann

Bildstrecke

«Das Land Appenzell der Innern u. Aussern-Rooden»

Gabriel Walser, 1740
http://aleph.sg.ch/F/?/&func=find-b&find_code=SYS&request=000878685&local_base=sgark

Kupferdruck, koloriert, Quermassstab ca. 1:120'000. Oben links: "Das Land Appenzell der Innern u. Aussern-Rooden, mit allem Fleis gezeichnet von Gabriel Walser, V.D.M." Massstableiste ("eine Stund") und Legende unten rechts. Eingeklebt in Gabriel Walser: Appenzeller Chronik. St. Gallen: Ruprecht Weniger, 1740.

Video

«Signers Koffer»

Roman Signer / Peter Liechti, 1996

Die Aktionen von Roman Signer spielen gern in den Bereichen von Heiterkeit und Schrecken. Und auch wo es nicht gerade um Leben und Tod geht, sind sie doch existenziell, wie im kurzen Filmauszug aus "Signers Koffer" zum Ausdruck kommt. Der Auszug zeigt die Szene von S. 35 im Magazin.

Bildstrecke

«Chamäleonbilder»

Ulrich Vogt, 2011

Ulrich Vogts Chamäleonbilder zeigen uns die Lust an abwegigen Brücken, zu denen auch Gedankenbrücken und Assoziationssprünge gehören; Brücken zwischen Beseeltem und Unbeseeltem, Subjekt und Objekt. Es entsteht Lebensfreude. Im Heft bilden sie Farbfenster zu den Landschaftsaufnahmen von Jürg Zürcher.

Text

«Il sogno di Ly, una fiaba»

Anna Ruchat, Mai 2012

Anna Ruchat hat u.a. Werke von Thomas Bernhard, Paul Celan, Nelly Sachs, Friedrich Dürrenmatt und Mariella Mehr ins Italienische übersetzt. Daneben schreibt sie eigene Geschichten und Gedichte. Für das Brücken-Obacht hat sie ein Märchen verfasst, das hier in der italienischen Originalversion nachzulesen ist. 

Questa notte
ho svoltato l’angolo
di una buia via laterale
E la mia ombra
mi è venuta in braccio.
[…]
(Nelly Sachs, Enigmi Roventi)

Diese Nacht
ging ich eine dunkle Nebenstrasse
um die Ecke
Da legte sich mein Schatten
in meinem Arm
[…]
(Nelly Sachs, Glühende Rätsel)

In un mattino di sole Ly si sveglia su un prato accanto alla sua ombra. Apre gli occhi e intorno a sé non vede traccia dei suoi fratelli, con i quali era scappata dall’orco cattivo molto tempo prima. C’è davanti a lei una strada ricoperta di polvere e una fila di sassolini bianchi.

Ly è una piccola persona vestita di scuro con un grande coraggio per mantello. S’incammina sotto il sole con la sua ombra che la segue strisciando. Procede in una luce d’ambra accanto alla lunga fila di sassolini bianchi che respirano e parlano come fontane, ognuno in una lingua diversa: Ly ascolta quella musica di parole e intanto spera di ritrovare, in fondo al giorno, che sembra una ferita, i suoi amati fratelli .

Mentre cammina Ly cerca di decifrare il vivo alfabeto dei sassolini bianchi, ma quando la ghiaia parla, le lettere si sovrappongono e le parole si cancellano, una con l’altra, così che lei non sa se la pista indicata la porterà a casa o nel palazzo dell’orco. Dopo ore e ore di cammino, Ly si volta e vede che la sua ombra è tutta rattrappita e scolorita. Si ferma, l’accarezza e sapendo che l’ombra si è contratta per via della stanchezza, la prende in braccio perché possa riposarsi .

Appena giunta tra le braccia di Ly l’ombra chiude gli occhi, e prima di addormentarsi mormora: tu sai, vero Li, cosa vanno ripetendo i sassolini bianchi? Ly non lo sa, ma non può più a svegliare l’ombra, così prosegue il cammino sotto la luna piena che fa brillare i sassolini bianchi, ora taciturni, accanto alle stelle sepolte nella polvere. Ly cammina e cammina con l’ombra sulle spalle fino all’azzurra lontananza, dove il primo sole, con le sue bacchette magiche le indica un enorme edificio al centro di una radura. Rallentando il passo Ly si avvicina al palazzo ottagonale che ha sette giganteschi portoni, sette finestre con gli scuri chiusi e una facciata cieca.

Quando si ferma per contemplare quella costruzione maestosa e sinistra, l’ombra si sveglia e scivola giù veloce dalla spalla di Li. Nera e ancora rattrappita, come un peso di tristezza, l’ombra si stringe ai suoi piedi. “Siamo arrivati al palazzo dell’orco” dice tutta tremante “proprio come ripetevano ieri i sassolini bianchi in tutte le lingue del mondo”.
“E da quale portone si passa per entrare nel palazzo dell’orco?” chiede Ly senza scomporsi. “Tutti e sette i portoni sono aperti”, le risponde l’ombra “ma solo se entrerai dal portone della verità uscirai viva dal palazzo dell’orco.” “E qual è il portone della verità?” Chiede Li, ma questa domanda rimane senza risposta.

Così Ly si avvicina al primo portone e chiede: “Portone bel portone, sei tu la strada della ragione?” “Si!”, dice il portone, e Ly passa al portone successivo. “Portone bel portone, sei tu la strada della ragione?” ripete Li, una, due, tre, volte e sempre ottiene una risposta affermativa e sempre và oltre.

Al quinto portone Ly chiede ancora: “Portone bel portone, sei tu la strada della ragione?” e il portone risponde “la ragione, chi lo sa, sono la porta della verità.”

A quel punto Ly sta per entrare trascinandosi dietro l’ombra impaurita, ma l’ombra si rifiuta di seguirla:  “Non fare tardi, rimarrò qui ad aspettarti”.

Nel grande salone settagonale semibuio, dalla geometria sospesa, sono disposte sette poltrone, e dentro ognuna di esse c’è uno dei fratellini di Li. Al centro, su una specie di grande trono è istallato l’orco che li tiene stregati. Piccola com’è, Li, guarda ogni cosa da sotto in su e vede i fratellini avvolti nella stoffa docile del sogno.

Con lo sguardo puntato verso l’alto avanza inciampando di continuo nei fili del sonno.

L’orco si riscuote. Ma quando vede Li, così piccola e mingherlina, prima ancora di tentare di acchiapparla, scoppia in una fragorosa risata. A quella risata i fratelli di Ly si svegliano dall’incantesimo e tutti insieme saltano addosso all’orco che, nonostante gli incubi ammucchiati sul cuore, non riesce a smettere di ridere e, svigorito dai sussulti, si lascia legare con la grossa fune che era servita per trascinare i fratelli di Ly fino al palazzo.

Legato l’orco, i fratellini prendono il tesoro – un bagaglio d’amore sepolto in un pozzo, al centro della stanza (proprio sotto il trono) – e con Ly scappano fuori dal palazzo incantato. L’ombra di Ly, che aveva aspettato all’esterno e che si era nel frattempo riposata, si stacca da terra e si libra nell’aria sollevando Ly e i fratellini per portarli tutti verso casa.

Quando l’orco esce trafelato dal palazzo, non vede più i sette fratelli e l’ombra, sottratti per sempre a ogni vista e maleficio, vede soltanto la nostalgia di tutti i loro occhi e un segnale di fiato che, come un ponte da qui fin là, fende l’aria.